Maria Elisa

Racconto

 

Maria Elisa torna a casa a notte fonda. E’ il cinque agosto di una bella notte calda e asciutta. E’ bastato attraversare la passerella sopra la ferrovia per ritrovarsi nel silenzio.Unico rumore quello dei tacchi alti dei suoi sandali di vernice nera che mette solo nelle grandi occasioni. Quella sera era stata una grandissima occasione. Un concerto di quelli che è raro avere in una piccola città come la sua. Una famosa e bravissima pianista avrebbe eseguito le Romanze senza parole di Mendelsshon. Lei ama i concerti e la musica, soprattutto se si tratta di musica come quella. Quel concerto non se lo poteva proprio perdere. E quindi, anche se era sola, si era fatta elegante alla sua maniera semplice, essenziale ( oltre i sandali di vernice, gonna nera liscia appena sopra il ginocchio, camicetta di seta rosa pallido, sulle spalle un leggerissimo fazzoletto a scialle e come unici gioielli, la fede al dito e un filo di perle al collo ) e si recò a piedi al concerto.

Quello che non aveva messo in conto era il forzato ritardo con cui poi iniziò il concerto.Era successo che la Pianista era rimasta bloccata sull’autostrada per un grosso incidente. Gli organizzatori, scusandosi col pubblico, diedero due possibilità: il rimborso del biglietto oppure aspettare l’arrivo dell’artista che, per telefono, si era detta disponibile a suonare a qualsiasi ora fosse arrivata. Pochissimi seguirono la prima possibilità. La serata era bella, l’occasione ghiotta e quindi quasi tutti attesero. Così, invece che alle 21.30, il concerto iniziò alle 23.30 e finì all’una e mezzo. Nessuno si pentì per aver fatto così tardi. Anzi, fosse stato per il pubblico chissà quanti bis avrebbe dovuto suonare la pianista al posto di quell’unico che aveva concesso.

Dal suo posto in dodicesima fila Maria Elisa non poteva distinguere le espressioni del volto o il colore degli occhi della pianista. Poteva però ammirare i suoi lineamenti, l’eleganza dei gesti, la plasticità del tocco, la perfetta sincronia tra i movimenti del corpo e l’armonia della musica. Tutto bello, tutto perfetto.Allontanandosi dalla piazza in cui si era tenuto il concerto,Maria Elisa, si sente paga, gioiosamente serena.

Quando, di rado, le capitava di rientrare a casa da sola a un’ora così tarda, arrivata agli ultimi trecento metri di strada,veniva sempre assalita da un senso di insicurezza, dal timore di una qualche brutta avventura, un agguato, una violenza. Qualsiasi piccolo rumore era un cattivo presagio. Allora accelerava il passo fin quasi a correre e lanciava, guardinga,occhiate veloci in tutte le direzioni. Questo perché la sua casa si trovava in fondo ad una strada senza uscita e senza illuminazione pubblica e prendeva luce dalle illuminazioni delle case dei frontisti che però avevano regolato i loro timer a mezzanotte. Solo il suo era regolato alle due. Sicché a quell’ora la strada era completamente buia e solo in fondo si intravedeva il riflesso fioco delle luci di casa sua. Quella notte, invece, è tranquilla. Rapita ancora dalla musica cammina tranquilla e rivive i movimenti della musica e i gesti della pianista come se fossero rivolti solo a lei.

A un certo punto la sua immaginazione le regala una scena che non avrebbe potuto rivelare mai a nessuno, tantomeno al marito. E mai la rivelò. Perché era una scena che vista da occhi di chi non poteva immedesimarsi nel suo stato d’animo, poteva apparire sconveniente e dai contenuti intensamente erotici e addirittura saffici, mentre per lei era tutt’altra cosa. Si vedeva nuda, distesa al posto della tastiera del piano, e la pianista che muoveva le dita sulla sua schiena, sui glutei, sulle cosce, quasi il suo corpo fosse il sostituto naturale della tastiera e del piano intero. Sentiva il tocco delle dita sulla pelle e ad ogni tocco, ora lieve, ora forte, una nota si sprigionava dal suo corpo e si librava nell’aria donandole un senso di pace, di serenità, di gioia di vivere, che mai aveva provato così vivo e intenso fino ad allora.

Purtroppo l’immaginazione viene portata bruscamente alla realtà. Quello che non era ancora mai successo succede. Qualcuno la assale da dietro. Una mano sulla bocca e sul naso e un braccio le blocca le braccia all’altezza della vita, poco sotto i seni.

Non si può dire come comunemente si dice in questi casi che le si gela il sangue nelle vene. In realtà, la sorpresa, la paura e la rabbia formano una miscela di emozioni che le provocano una repentina accelerazione dei battiti cardiaci e delle pulsazioni lungo le vene, insieme a un senso di soffocamento e di perdita del controllo di sé che la spingono ad agitarsi scompostamente per cercare di liberarsi da quella violenza. Aveva pensato tante volte alla possibilità che un fatto del genere prima o poi le potesse capitare. E per quanti sforzi avesse fatto non era riuscita a escogitare nulla per difendersi e liberarsi. Portarsi dietro un’arma ? Frequentare un corso di autodifesa? Il fatto è che ogni soluzione implicava inevitabilmente violenza e lei odiava e temeva la violenza di cui poteva essere vittima, ma odiava altrettanto e forse di più la violenza che lei avrebbe dovuto esercitare su qualcuno. A un certo punto aveva anche pensato di regolare la sua vita in modo da ridurre all’osso la possibilità che un fatto del genere potesse capitarle. Ma a questo pensiero si ribellò con tutte le sue forze. Semplicemente non poteva sopportare di vivere imponendosi una così forte limitazione delle sue libertà personali. Così il problema rimase irrisolto e ora si trovava in quella drammatica situazione completamente indifesa. Nelle frazioni di secondo in cui tutto questo retro pensiero le attraversa la mente, sente il fiato affannoso dell’uomo sul collo, il suo corpo teso che le aderisce lungo la schiena e le gambe, il duro pene che le preme sull’osso sacro, mentre i polmoni le stanno per scoppiare per la mancanza d’aria. Fu la disperazione o il genio che le suggerì una possibile via di salvezza ? Non è dato saperlo. Sta di fatto che

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sembrò funzionare. E così il suo corpo che fino a quell’istante era rimasto teso allo spasmo, si rilassò fin quasi a rimare inerte, come di chi si arrende all’inevitabile. Naturalmente l’uomo percepisce il cambiamento e sentendosi vincitore le sussurra all’orecchio, se mi prometti di non urlare ti libero la bocca. Ma se poi urli t’ammazzo. Se sei d’accordo fai cenno di sì con la testa. Maria Elisa fa il cenno richiesto e lui mantiene la promessa, ma non allenta la presa alle braccia, anzi, la serra ancor più a sé e con la mano che premeva la bocca ora le artiglia i seni. Lei subisce senza reagire, ma con un filo di voce trova la forza di dirgli, non stringere così forte, non sono mica limoni, è roba delicata questa. Lui, come chi viene sorpreso a mangiare la marmellata, da una parte allenta la presa sui seni, dall’altra si irrigidisce e quasi le stritola le braccia e i fianchi. Segue un pausa che sembra infinita. Ma in quella pausa lei sente la paura che le sale dentro e il pericolo di perdere quel poco di lucidità che ancora le rimane. Poi, lui, con lo stesso sussurro affannoso all’orecchio, le dice, ora ti lascio i seni e ti tolgo le mutande e se urli o ti ribelli vale quello che ti ho detto prima. A quelle parole Maria Elisa ha come un sussulto e tutte le sue sensazioni si acuiscono : lo schifo, la nausea, la paura ma anche la lucidità e l’orgoglio. Allora sibila a voce bassa, stai fermo stronzo ! Credi davvero che la paura di morire mi terrebbe qui inchiodata in silenzio ! che la morte sia la peggior cosa che può capitare ! Si vede che non conosci le donne e soprattutto non conosci me ! Ciò che mi trattiene è lo schifo del dopo, la denuncia, gli interrogatori, il processo, la commiserazione della gente e soprattutto il dolore che dovrebbe sopportare mio marito ! Lui, all’inizio ha come un’ esitazione, poi borbottando, m’importa un cazzo delle tue motivazioni, io voglio soltanto scoparti, e insinua la mano sotto la sua gonna, percorre le cosce e arriva fino al pube, al ventre, fino a raggiungere l’elastico delle sue mutandine. A quel sentirsi brancicare e violare un fiotto di fiele le si scarica nello stomaco e il fetido amaro le sale in gola in un bisogno esasperato di vomitare. Infatti vomita, se si può chiamare vomito un grumo verdastro e puzzolente che a stento riesce a sputare. Eppure, in quel frangente di disperazione, di paura, di rabbia, di solitudine, il suo cervello non smette di pensare e, mentre con angoscia si domanda perché ? Perché questo deve essere il destino di ogni donna ? Intuisce una cosa importante. Quello non è un assassino, non ha le palle per uccidere. E’ solo un miserabile, vigliacco stupratore che appena liberatosi del suo sperma, si sarebbe afflosciato come un sacco di patate e sarebbe scappato. Questa convinzione le dà coraggio. Intanto lui le ha già strappato le mutandine e gliele fa scivolare fino alle caviglie. Ora è impegnato nel togliere il suo “coso” dai pantaloni. Quando Maria Elisa percepisce che lui ha finito quella operazione e si accinge a sollevarle la gonna per prenderla da dietro, fa una cosa che lui non si aspetta. Invece di dimenarsi in un estremo tentativo di difesa, spinge il bacino verso di lui pigiando con l’osso sacro proprio all’attaccatura tra i testicoli e la verga. Le bastano due movimenti semirotatori per farlo eiaculare e a quel punto lui è perso. Rantolando come in agonia e biascicando, puttana, mi hai fatto venire prima di entrarti dentro, lascia la presa e scappa.

 

Maria Elisa, si toglie le mutandine dalle caviglie e si avvia verso casa piangendo a fontana. Arrivata, apre il cancellino e in quel momento si spengono le luci. Sono le due. Completamente al buio, si spoglia del tutto e nuda cade distesa sul suo pratino. Quando finalmente il pianto si spegne le ritornano in mente le Romanze e si domanda a che serve che un artista scriva della musica così bella e un altro artista la interpreti in modo stupendo, se poi continuano a succedere queste cose ? Poi però guarda le stelle e pensa, quante di voi sono già morte da secoli e forse da millenni eppure ci illuminate ancora ! E il senso di pace di serenità e di gioia di vivere che aveva sentito prima di quella brutta avventura le ritorna e allora si alza e finalmente entra in casa.

Beppe Calabretta

Maria Elisa è stato pubblicato sul giornalino “Meno Tre” dell’Associazione l’Uovo di Colombo” di Viareggio, un’associazione di volontariato che si occupa del disagio mentale, e sul giornalino “Elpis” edito nel paese natale dell’autore, S.Andrea Apost. dello Jonio, a cura di un gruppo di volontari.

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