Con il grande aiuto di un mio carissimo cugino ebbi l’ opportunità di apprendere la bellezza del ballo, sebbene l’avessi già sperimentato in talune abitazioni private.
Era,tuttavia, qualcosa di diverso e, coscientemente, più che appetibile entrare in un locale nato per quello scopo.
Era la domenica il giorno prescelto per le nostre attese escursioni. Dopo aver convinto mia madre,di solito parecchio restia a concedermi la libera uscita, ci si incamminava felici ed allegri per essere riusciti a “gabbare” gli adulti.
Dove andavamo? L’unico mezzo di trasporto per chi non aveva la patente era il treno.
Con la velocità,quasi degna di Mennea, raggiungevamo la stazione ferroviaria. Le nostre mete variavano a seconda del nostro libero arbitrio: alcune volte verso sud e altre verso nord, l’importante era scappare e ritrovarsi in una realtà diversa sia nella mente che nell’azione. In quei locali,simili alle attuali discoteche,si ballava con vari partner (naturalmente distinti per motivi di sesso dei due protagonisti) con la tipica contentezza della trasgressione.
Purtroppo arrivava l’ora fatidica del rientro e con molto rammarico abbandonavamo quel paese dei balocchi per tornare ognuno nei propri rifugi. Riemergeva però il buonumore: nessuno si era accorto della nostra fuga (sarei stata , comunque,io la pietra dello scandalo ,mentre mio cugino da “masculo” non avrebbe avuto alcun problema.)
Cantavamo le canzoni ascoltate e ricordo in particolare quella di Jannacci:”Vengo anch’io, no tu no!!!”…….
Maria Grazia