Non è più come prima, è un «elogio del perdono nella vita amorosa». di quell’amore che resiste, che insiste. L’amore capace di durare nel tempo e di non cedere alla lusinga della nuove sirene.
E’ ancora possibile, oggi, conservare un amore e perdonare il tradimento? Decidere di restare con qualcuno che torna? Oggi, perché in passato spesso lo si faceva per intenzione o per forza.
Qualche superstite c’è ancora, indenne dalla schiavitù del nuovo, del sostituto, dell’arbitrio scambiato per libertà di scelta.Qualcuno capace di sconfiggere l’imperativo dell’epoca, l’iperedonismo del discorso capitalista: avere, avere, avere, possedere, tenere in mano ciò che procura piacere al massimo grado quel giorno, qualcosa di nuovo ogni giorno.A questa regola dell’usa e getta, in un mondo che della fedeltà ha quasi imparato a vergognarsi, Recalcati contrappone la possibilità di un amore che si nutra di se stesso, rigenerandosi ogni giorno. Ma siccome nessuno può preservare neppure la coppia più coraggiosa dalla possibilità del tradimento e di «un’altra esperienza affettiva nel segreto e nello spergiuro», ecco l’invito a combattere la battaglia più difficile, cioè quella della ricomposizione del trauma.
Scrive Recalcati: «Il lavoro del perdono è un lavoro che esige tempo: la memoria dell’offesa viene attraversata e riattraversata al fine di raggiungere un punto di oblio che rende possibile un nuovo inizio». Somiglia al lutto ma lì l’oggetto è morto, qui è vivo. Anzi: è vivo e morto allo stesso tempo.Non si tratta di un gesto pietistico, né di un processo provocato dal pentimento del traditore. Si perdona al partner di cui si riconosce la libertà di ottemperare alla propria legge del desiderio; lo si fa, quando il tradito riesce a compiere un lungo lavoro di raccoglimento e di analisi su se stesso, che lo porta a «rinnovare la fiducia, a rinnovare il dono della promessa». Per gli uomini è più difficile perdonare. «Per l’uomo l’identità è un’uniforme», l’offesa è un’umiliazione sociale.
L’uomo può uccidere in nome dell’amore e può uccidere in nome di Dio, con la stessa cecità sorda. La tragedia di molte donne, al contrario, non è solo essere picchiate ma non riuscire a vivere lontano da chi le picchia.
Recalcati in chiusura del suo libro. nelle 25 pagine in corsivo intitolate «Diario di un dolore», racconta di un signore chiamato O, astrofisico di rilievo internazionale e del suo impatto col non senso del tradimento subito.
La storia di O dice quanta fatica costi restare dentro il perimetro dell’amore tradito, ma di quanta profonda gioia sia colma la meta.
Ma è importante segnalare come anche le esigenze di chi perdonare non sa o non vuole, siano accolte e comprese. E’ il caso dell’amica di O che racconta il suo dolore quando scopre il tradimento del suo compagno.
La lunga lettera di addio che scrive al suo amato, dopo aver preso atto che non potrà mai più perdonarlo, termina con queste parole : “Ti avevo offerto la mia devozione…Ti avevo offerto il mio corpo, il mio più grande dolore trasformato in parola, in amore. Ma adesso io non posso più restare qui e mi arrendo. E’ solo per troppo amore che ti lascio. E’ solo per troppo amore che io non ti perdono. Ti lascio andare perché tu sia libero di avere la vita che cercavi con l’altra. Se io ti perdonassi, anzi se fosse possibile il perdono in amore, tu come potresti capirmi?”