Pastorale americana di Philip Roth

 

Seymour Levov, detto “lo Svedese”, viene descritto da un amico di gioventù, giornalista e scrittore, come l’uomo perfetto. Bello, intelligente, sportivo, gentile, capace di conquistare la simpatia e l’ammirazione di tutti. Sposa Dawn, reginetta di bellezza, e prosegue l’attività del padre, proprietario di una fabbrica di guanti, ingrandendola e dislocando la produzione anche in altri luoghi. Un uomo di successo, non c’è dubbio, un uomo da invidiare.

L’amico scrittore ricorda di essere stato interpellato dallo Svedese per scrivere un libro in memoria di suo padre, ma quando si erano visti non aveva più accennato al padre e aveva sciorinato una serie di luoghi comuni sulla sua vita di sessantenne: tre figli maschi adolescenti, bravi a scuola, bravi negli sport, brava la moglie che li seguiva… “Qualcosa l’aveva trasformato in un’insulsaggine umana” pensa a posteriori.

Dopo qualche anno viene a sapere che lo Svedese è morto e che c’era un buco nero nella sua vita: la figlia Merry, terrorista prima, giainista poi, morta a 41 anni da eremita, per scelta.

L’amico scrittore sente a questo punto il bisogno di ricostruire tutta la storia di Seymour Levov, dalla gioventù fino alla morte.

La bellezza del romanzo sta nel cercare di capire cosa succede in una famiglia borghese tradizionale quando viene sconvolta da un fatto gravissimo come quello del terrorismo omicida. Perché la figlia, intelligente, brava a scuola, affetta, è vero, da balbuzie, ma senza problemi di rapporto con gli altri, perché decide di uccidere in nome di idee astratte, di mettersi contro tutti e contro tutto? Questa lacerante domanda accompagna la vita dello Svedese e non ha risposta.

L’interlocutore privilegiato dello scrittore è Jerry, fratello dello Svedese. Diverso da lui, collerico, donnaiolo, sganciato dalla famiglia d’origine, Jerry fa capire che il fratello è stato sempre troppo indulgente con tutti: col padre, arrogante e onnipresente, con la moglie, con gli amici e con la figlia, che meritava forse qualche schiaffo in più.

Ma lo Svedese amava la figlia e, quando questa sparisce, fa di tutto per ritrovarla e per convincerla a tornare a casa. Senza riuscirci. E’ un uomo sconfitto perché non sa uscire da un certo conformismo, non può fare altro che attenersi alle regole del vivere sociale e non capisce, non riesce proprio a capire le motivazioni della figlia, le ragioni per cui si è posta fuori da ogni consesso civile senza più sentire il bisogno di comunicare con i genitori che le hanno voluto bene.

L’autore sembra dirci che non esistono ragioni familiari che possano spiegare l’adesione a ideologie così distruttive; le ragioni sono piuttosto da ricercare nella società. Suo fratello a un certo punto gli grida al telefono: -Volevi appartenere come tutti gli altri (loro sono di origini ebree) agli Stati Uniti d’America? Beh, ora gli appartieni, ragazzone, grazie a tua figlia. Ce l’hai nel culo, adesso, la realtà di questo paese… –

Il momento apicale del romanzo è il giorno del ringraziamento 1973 “ pastorale americana per eccellenza, che diventa per i Levov un grottesco giorno del giudizio in cui i giusti vengono puniti e la loro utopia sconvolta, mentre l’innata rabbia cieca dell’America trionfa.”

Forse è colpa di una società, come quella americana e occidentale in genere, che mette al primo posto la libertà individuale a scapito della giustizia sociale; forse è colpa della decadenza di una civiltà che cova al suo interno i germi che la distruggeranno; forse…

Di certo si sa solo che niente rimane uguale nel tempo e tutto è destinato a trasformarsi e a cambiare, nei singoli e nelle società. Pertanto le domande, suscitate dal romanzo, sono destinate a rimanere senza risposta.

Carmen

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