“LA PESTE” di Albert Camus

La peste di Albert Camus

Si sceglie una città, si immagina che si abbatta su di essa un flagello e si analizza il comportamento

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delle persone che vi si trovano nel periodo di tempo in cui la disgrazia prende piede e si sviluppa, causando morte e disperazione.

 

E’ così che Albert Camus, premio Nobel per la letteratura nel 1957, costruisce il suo romanzo “La peste”.

Nella città di Orano iniziano a morire i topi e poi gli uomini, in modo sporadico prima, e poi sempre di più. Il primo a intervenire e a darsi da fare è il medico protagonista, Rieux. E’ attraverso il suo racconto e i taccuini del suo amico Tarrou che Camus ci illustra la sua visione del mondo e dei rapporti tra gli uomini.

I personaggi che animano la scena sono tutti di genere maschile, Orano sembra un luogo senza donne; se ne scorge qualcuna solo sullo sfondo. Questo elemento sembra oggi un po’ anacronistico.

La figura di Rieux è quella dell’anti-eroe. A un certo punto dice: – Non ho inclinazione per l’eroismo e per la santità. Essere uomo, questo m’interessa .- Non è diverso da lui il suo amico Tarrou, infaticabile organizzatore di squadre di soccorso:

“– Che cosa la spinge a occuparsi di queste cose?

– Non so. Forse la mia morale.

– E quale?

-La comprensione.”

Col peggiorare della situazione, sempre più gente si mette a disposizione per aiutare gli altri. “C’era la malattia, bisognava fare il necessario per combatterla”. Camus tratta la questione come la conseguenza logica (non “ammirevole”) di gente che scopre in quel momento cosa li lega all’umanità. I cosiddetti “atti di eroismo” sono, secondo lui, pura retorica. Una visione, la sua, molto laica, di chi crede nei valori umani quali l’onestà e il senso del dovere.

Un altro tema trattato è quello della religione. Una tragedia come la peste avvicina o allontana da Dio? Camus non dà risposte ma ci mostra l’intima crisi di padre Paneloux che inizialmente parla di castigo di Dio e poi, a contatto con la sofferenza e la morte dei bambini, predica il difficile amore per Dio e il totale abbandono in lui anche quando non si capisce il perché di certi eventi.

L’unico personaggio contento di vivere nella peste è Cottard, che cerca di far soldi col mercato nero e ama vivere in un mondo dove tutti hanno paura.

Un libro come “La peste” offre molti spunti di riflessione perché in questo “laboratorio” che è la città di Orano c’è l’umanità intera: c’è la solitudine e l’amicizia, l’egoismo e la solidarietà, la gioia e il dolore, la disperazione e la speranza …

La conclusione è comunque positiva: “in mezzo ai flagelli s’impara che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare”. Parola di Camus!

Carmen

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